Il decision making è un concetto ricorrente in ambito imprenditoriale: indica il processo che conduce alla determinazione di una scelta da parte di un individuo o di un gruppo.
Con questa semplice definizione appare già chiaro come il decision making sia un processo costante nella vita di tutte le persone e di ogni organizzazione, considerato che giorno dopo giorno siamo chiamati a effettuare centinaia di decisioni, molte delle quali – in verità – passano del tutto inosservate poiché elaborate come delle azioni automatiche.
Le cose sono evidentemente molto diverse nel caso in cui la decisione sia particolarmente rilevante e orientata a risolvere uno specifico problema non precedentemente sperimentato, o non sorto con le caratteristiche con cui ora si presenta. È in questo frangente che il decision making diventa tutt’altro che implicito e automatico, bensì si evolve in un processo esplicito, riflessivo e analitico.
Decision making, quali fattori influenzano il processo decisionale
Fatta salva la premessa condivisa qualche riga fa, cerchiamo di comprendere quali siano i fattori che impattano sul processo decisionale.
Su tutti, le componenti che sembrano influenzare in maniera più incisiva di altri il decision making sono le emozioni: quelle di ogni individuo (e, di riflesso, quelle dell’organizzazione) hanno infatti un’influenza fondamentale all’interno del processo decisionale, tanto che l’emotività e il nostro stato mentale possono far giungere il processo decisionale a punti di arrivo molto diversi a seconda di come entrano in gioco.
Oltre a tali fattori interni, a impattare sul processo decisionale sono anche i fattori esterni, come le abitudini. Nel caso in cui il processo decisionale avvenga in un contesto fortemente caratterizzato da prassi e pregiudizi ben radicati, sarà molto più arduo cercare di influenzare il decision making rispetto a quanto potrebbe avvenire in un altro contesto in cui mancano schemi mentali prevalenti.
Altrettanto importante è l’ambiente in cui avviene la decisione, che potrà non solamente impattare sulle decisioni in quanto criterio autonomo, bensì anche influenzare le emozioni che, come abbiamo visto qualche riga fa, sono una determinante decisiva nel processo decisionale.
Come avviene il processo di decision making
Archiviate le breve nozioni di cui sopra procediamo con il condividere come sia articolato il processo di decision making.
Sebbene ogni processo possa seguire delle fasi differenti per qualità e quantità, di norma un piano decisionale è così costituito:
- identificazione del problema;
- raccolta di dati e informazioni utili per analizzare il problema;
- identificazione delle priorità e definizione degli obiettivi;
- valutazione delle conseguenze di ogni possibile alternativa;
- conduzione della fase decisionale vera e propria;
- definizione di un action plan che possa implementare la decisione;
- valutazione dei risultati.
Tale schema potrebbe però risentire notevolmente del contesto ambientale e degli altri elementi che possono impattare in misura più o meno prioritaria sull’intero piano di decision making, contribuendo ad arricchire di specificità questo importante momento aziendale.
È di fatti evidente che una decisione elaborata in uno stato di certezza (intendendo come tale quello in cui l’individuo conosce i dati e lo stato di fatto della situazione con un ragionevole grado di sicurezza) abbia un livello di complessità differente dalle decisioni che invece vengono elaborate in uno stato di rischio (ovvero, una condizione in cui l’individuo conosce solo le probabilità che conseguono alla sua decisione).
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Un sistema manageriale che massimizzi la produttività deve essere coerente con la strategia. Non esiste un modello buono per tutti, ma va disegnato in funzione delle caratteristiche e dello specifico business dell’azienda.