Quando si attua un processo di riorganizzazione aziendale, uno degli interventi più diffusi che si è soliti adottare è il cambio mansione. Ma che rapporti ci sono tra riorganizzazione aziendale e cambio mansione? Il manager ha sempre il potere di modificare le mansioni di collaboratori e dipendenti?
Proviamo a scoprirlo insieme!
Cosa sono le mansioni
La prima cosa che è bene chiarire in questo delicato tema di riorganizzazione aziendale è la definizione stessa di mansioni.
Con tale termine ci riferiamo, sostanzialmente, alle azioni poste in essere dal lavoratore per svolgere i compiti a cui è attribuito, una serie di attività che il prestatore di lavoro deve eseguire in esecuzione del contratto.
Se quanto sopra è chiaro, allora dovrebbe esserlo anche il fatto che se l’azienda cambia in seguito a una riorganizzazione, allora anche i compiti e le attività dei lavoratori dovrebbero poter cambiare.
Ma in che modo?
Come cambiano le mansioni dei lavoratori in caso di riorganizzazione aziendale
In sintesi, il cambio delle mansioni dei lavoratori può avvenire in tre diversi modi.
Il primo è il mutamento di tipo orizzontale. Come suggerisce lo stesso nome di tale mutamento di mansione, consiste nella possibilità di assegnare il lavoratore a mansioni che sono riconducibili allo stesso livello contrattuale e categoria legale, senza che – pertanto – vi sia un demansionamento.
Il lavoratore potrà dunque essere adibito a diversi compiti, ma sempre ricompresi nel suo livello di inquadramento. Vi è, in sostanza, una equivalenza formale dei compiti precedenti con i nuovi.
Il secondo tipo di mutamento è quello verticale. Le nuove mansioni del dipendente sono dunque di livello contrattuale superiore, con la necessità che i compiti siano pertanto riconducibili a un livello maggiore, a cui farà fronte il riconoscimento di un trattamento economico adeguato.
Il terzo e ultimo tipo di mutamento delle mansioni del lavoratore è quello del demansionamento, cui abbiamo fatto rapido cenno poche righe fa. Si tratta, come intuibile, della necessità di assegnare il dipendente a mansioni di livello contrattuale inferiore.
È possibile il demansionamento in caso di riorganizzazione aziendale?
Vietato nella quasi totalità dei casi fino al 2015 (tranne alcune ipotesi di salvaguardia dell’occupazione), oggi l’azienda che sta attraversando una fase di riorganizzazione può attuare il demansionamento anche in modo unilaterale, senza cioè l’accordo del lavoratore.
Una prima possibilità di operare un demansionamento unilaterale è il caso della modifica dell’organizzazione, a condizione che non venga modificata la categoria legale (in altre parole, non si può trasformare un operaio che lavorava in un’officina in un impiegato che opera in un ufficio direzionale, e viceversa).
Ancora, è necessario che le nuove mansioni siano appartenenti al livello contrattuale immediatamente inferiore a quelle precedenti e che venga conservata la retribuzione, eccezion fatta per gli elementi tipici delle modalità di svolgimento della precedente prestazione, come le indennità di funzione.
Di fianco al demansionamento unilaterale (arricchito poi dalla contrattazione collettiva) ci sono poi i casi di demansionamento consensuale, che consiste nella possibilità di raggiungere un accordo per adibire il lavoratore anche compiti che sono propri di altra categoria legale (come sopra abbiamo visto, anche da operaia a impiegatizia), di più livelli inferiori di inquadramento contrattuale rispetto a quello di appartenenza, adeguando se ricorre anche la relativa retribuzione.
Affinché un simile accordo di demansionamento sia valido, è fondamentale che sia stipulato nelle sedi opportune (sindacali, dinanzi all’Ispettorato del lavoro o alle commissioni di certificazione) e che si citi sempre la presenza di uno scopo di fondo, come la salvaguardia del posto di lavoro del dipendente, il miglioramento delle sue condizioni e/o l’acquisizione di differente professionalità.
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